2024 Aprile

  • Guardarsi dentro

    “Abbiamo fatto un inventario morale profondo e senza pau­ra di noi stessi. “

    DODICI PASSI E DODICI TRADIZIONI, pag. 57

    Il Quarto Passo è lo sforzo vigoroso e coscienzioso di scoprire quali responsabilità ci siano state e siano ancora in ognuno di noi. Voglio capire esattamente come, quan­do e dove gli istinti naturali hanno deformato il mio mo­do di pensare e di agire. Mi propongo di esaminare one­stamente l’infelicità che ciò ha procurato agli altri e a me stesso. Posso cominciare a correggere le mie alterazioni emotive solo scoprendo quali sono. Se non mi impegno in questa ricerca con uno sforzo volenteroso e costante, può esserci per me ben poca sobrietà e poca intima gioia.

    Per chiarire i sentimenti ambigui, ho bisogno di sen­tirmi interiormente forte e disponibile. Una tale consape­volezza non arriva all’improvviso, e non dura per sem­pre, per nessuno. Ognuno ha la capacità di crescere e rag­giungere la consapevolezza di se stesso confrontandosi onestamente con la realtà. Quando non scanso i problemi ma li affronto direttamente, cercando sempre di chiarirli, poco a poco rimpiccioliscono.

  • Costruire il carattere

    Pretendere dagli altri troppa attenzione, protezione e amore può solo generare negli stessi protettori l’impulso di dominare o di respingere…

    DODICI PASSI E DODICI TRADIZIONI, pag. 60

    Quando nel Quarto Passo ho scoperto il mio bisogno d’approvazione, non pensavo di doverlo classificare tra i miei difetti del carattere. Preferivo considerarlo un pre­gio: il desiderio di piacere alla gente. Sono stato subito avvertito che però questo “bisogno” può essere molto pe­ricoloso. Oggi mi piace ancora ricevere l’approvazione della gente, ma non sono più disposto a pagare il prezzo che pagavo prima per ottenerla. Non voglio più trasfor­marmi in un burattino per farmi apprezzare dagli altri. Se ho la tua approvazione, bene; se non l’ho, sopravvivrò lo stesso. Sono responsabile di ciò che dico perché lo penso veramente, non perché gli altri vorrebbero sentirselo dire.

    Allo stesso modo, il mio falso orgoglio mi aveva sem­pre indotto a preoccuparmi della mia reputazione. Da quando sono stato illuminato dal Programma di A.A., ciò cui aspiro è migliorare il mio carattere.

  • Accettare la propria umanità

    Abbiamo finalmente capito che l’inventario doveva essere quello del nostro comportamento, non quello degli altri. Abbiamo ammesso onestamente i nostri torti e abbiamo espresso la volontà di rimettere le cose a posto.

    COME LA VEDE BILL, pag. 222

    Perché l’alcolista è così restio ad assumersi responsabili­tà? Prima bevevo per quello che mi facevano gli altri. Ar­rivato in AA., mi è stato detto di fare attenzione a dove io avevo sbagliato. In che modo ero stato coinvolto in tutta una serie di questioni? Solo quando ho accettato di aver avuto una parte in ognuna di esse sono riuscito a metterle nero su bianco, e a vederle così per quelle che erano: una conseguenza’del fatto che sono un essere umano. Nessuno mi chiede di essere perfetto! Ho com­messo degli errori in passato e ne farò ancora nel futuro. Essere onesto al riguardo mi permette di accettarli — e di accettare me stesso e quelli con cui ho avuto divergenze; arrivato a questo punto, il recupero è proprio dietro l’an­golo!

  • Chiedere la luna

    “Questo stesso autentico senso di inferiorità è ingigantito dalla sua sensibilità infantile, ed è questo stato di cose a generare in lui quella brama insaziabile e anormale di appro­vazione di se stesso e di successo agli occhi del mondo. Ancora bambino, chiede a gran” voce la luna. E la luna sembra non curarsene. “

    IL LINGUAGGIO DEL CUORE, pag. 126

    Quando bevevo, mi sembrava di oscillare fra un senso di totale annullamento e l’illusione di essere il centro del­ l’universo. Cercare il difficile equilibrio fra le due posi­zioni è diventata una parte importante del mio recupero. La luna che chiedevo di continuo a gran voce da sobrio è raramente piena; mi mostra invece le sue varie altre fasi, e ci sono lezioni da imparare in ognuna di loro. Spesso ho imparato davvero qualcosa solo dopo periodi di eclisse, di oscurità: ma ad ogni ciclo del mio recupero la luce si fa più forte e la mia visione più chiara.

  • Autentica fratellanza

    Non abbiamo mai cercato di essere solo un componente del­la famiglia, un amico tra gli amici, un lavoratore tra i lavoratori, un membro utile della società. Abbiamo sempre cer­cato di lottare per Stare sulla cima del mucchio o per nasconderci nella parte più bassa. Questo comportamento egocentrico ha impedito ogni rapporto equilibrato con chiunque intorno a noi. Non comprendevamo minimamente cosa fosse l’autentica fratellanza.

    DODICI PASSI E DODICI TRADIZIONI, pag. 74

    Questo messaggio contenuto nel Quarto Passo è stato il primo che ho sentito forte e chiaro: mai visto un mio ri­tratto così preciso scritto su un foglio! Prima di arrivare in A. A. non sapevo di alcun posto che potesse insegnarmi a diventare una persona tra le altre. Sin dalla mia prima riunione ho incontrato gente che ci riusciva benissimo e ho desiderato diventare come loro. Uno dei motivi per cui sono un alcolista sobrio e felice è che sto imparando questa importantissima lezione.

  • Un processo che dura tutta la vita

    Le relazioni con gli altri si presentavano ardue, non erava­mo capaci di dominare la nostra emotività, eravamo in pre­da alla miseria e alla disperazione, non riuscivamo a gua­dagnare i mezzi per vivere, ‘avevamo la sensazione di essere inutili, la paura ci attanagliava, eravamo infelici, ci sem­brava impossibile aiutare gli altri….

    ALCOLISTI ANONIMI, pag. 51

    Queste parole mi ricordano che i miei problemi non si li­mitano all’alcol e che l’alcol è solo il sintomo di una ma­lattia più profonda. Quando ho smesso di bere, ho intra­preso un processo di recupero che durerà tutta la vita, re­cupero da emozioni incontrollate, relazioni dolorose e si­tuazioni ingovernabili. La maggior parte di noi non ri­esce a seguire questo percorso senza l’aiuto di un Potere Superiore e dei nostri amici A. A. Quando ho iniziato a la­vorare sui Passi del Programma, molti di quei fili prima ingarbugliati hanno cominciato a districarsi e, a poco a poco, le situazioni più contorte della vita hanno comin­ciato a raddrizzarsi. Un giorno alla volta, quasi impercet­tibilmente, sono guarito. Come un termostato che va ab­bassandosi, le mie paure sono diminuite. Ho cominciato a provare momenti di soddisfazione. Le mie emozioni sono diventate meno instabili. Appartengo di nuovo alla famiglia dell’umanità.

  • Un ampio arco di gratitudine

    Ed è con riconoscenza che dichiaro, a nome del dottor Bob e mio, che senza le nostre mogli Anne e Lois non avremmo potuto vivere così a lungo da poter vedere nascere A.A.

    COME LA VEDE BILL, pag. 67

    Sono capace di offrire abbastanza gratitudine a mia mo­ glie, ai parenti e amici senza il cui sostegno non sarei mai sopravvissuto per raggiungere la porta di A.A.? Lavorerò su questo e.cercherò di comprendere i piani che il mio Potere Superiore mi indica e che legano insieme le nostre vite.

  • Uno sguardo in me stesso

    Vogliamo scoprire con esattezza come, quando e dove i no­ stri istinti naturali ci hanno alterato la mente. Desideriamo guardare onestamente in faccia l’infelicità che tutto ciò ha procurato agli altri e a noi stessi. Solo scoprendo quali so­ no le nostre deformazioni emotive possiamo fare dei passi per correggerle.

    DODICI PASSI E DODICI TRADIZIONI, pag. 58

    Oggi non sono più schiavo dell’alcol, però la schiavitù minaccia ancora’me, i miei desideri, persino i miei sogni in molti modi diversi. Eppure, senza sogni non riesco neppure a esistere; senza sogni non c’è nulla che mi fac­cia andare avanti.

    Devo guardare dentro me stesso, per diventare libero. Devo invocare il potere di Dio per affrontare la persona che ho temuto di più, proprio me stesso, quella persona che Dio ha creato affinché si realizzasse pienamente. Se non ci riesco, o finché non lo faccio, dovrò fuggire sem­pre senza essere mai veramente libero. Ogni giorno chie­do a Dio di mostrarmi questa libertà.

  • Libertà dal Re Alcol

    … non dobbiamo supporre, neppure per un attimo, di non essere sottoposti ad alcun obbligo. …Il nostro vecchio ti­ ranno, il Re Alcol, è sempre pronto a catturarci di nuovo. Di conseguenza, la liberazione dall’alcol costituisce il primo “dovere” da osservare, pena la follia o la morte.

    COME LA VEDE BILL, pag. 134

    Quando bevevo, vivevo in stato di prigionia spirituale, emotiva e talora fisica. Avevo costruito la mia galera con sbarre di ostinazione e di indulgenza verso me stesso, da cui non riuscivo a fuggire. Saltuarie formule magiche per smettere di bere, che sembravano promettere la libertà, si rivelavano essere poco più che speranze di una tregua. La vera liberazione richiedeva la buona di volontà di com­piere qualunque giusta azione fosse necessaria per girare la chiave nella toppa. Con quella buona volontà e con l’a­zione, per me si sono aperte sia la serratura sia le sbarre. La buona volontà e l’azione continua mi mantengono li­bero, in una sorta di prolungato periodo’ di prova giorna­liero che non deve finire mai.

  • Crescere

    L’essenza di ogni crescita è la disponibilità a cambiare per il meglio, e poi una incessante buona volontà di assumersi qualsiasi responsabilità ciò comporti.

    COME LA VEDE BILL, pag. 115

    Qualche volta, quando mi decido a fare quello che avrei dovuto fare già da tanto, cerco approvazione e riconosci­ menti. Non mi rendo conto che più desidero agire in mo­ do diverso da prima, più la mia vita è esaltante. Più desi­dero aiutare gli altri, maggiore è la ricompensa che ne ri­cevo. Questo, per me, significa mettere i principi in prati­ ca. La gioia e il beneficio che ne vengono stanno nella buona volontà di fare certe’cose, non nei risultati imme­diati. Essere un po’ più gentile, un po’ meno incline alla collera, un po’ più amorevole rende la mia vita migliore, giorno dopo giorno.

  • Una parola da eliminare: “colpa”

    Per arrivare a capire che eravamo vittime di tali instabili emozioni abbiamo spesso avuto bisogno di molto tempo. Riuscivamo a individuarle rapidamente negli altri, ma solo lentamente in noi stessi. Anzitutto abbiamo dovuto ammette­ re che avevamo molti di questi difetti, anche se fare tale sco­perta fu doloroso e umiliante. Per quanto riguardava gli al­ tri, abbiamo dovuto sopprimere la parola “colpa” dai no­ stri discorsi e dai nostri pensieri.

    DODICI PASSI E DODICI TRADIZIONI, pag. 65

    Quando ho fatto il mio Quarto Passo secondo le indica­ zioni del Grande Libro, ho notato che la mia lista dei ri­ sentimenti era piena di pregiudizi e di accuse verso gli al­ tri perché non ero riuscito ad avere successo e a vivere a livello delle mie potenzialità. Ho scoperto anche che mi sentivo diverso perché sono di colore. Continuando a la­vorare sui Passi, ho imparato che avevo sempre bevuto per sbarazzarmi di quegli stati d’animo. È stato solo quando ho raggiunto la sobrietà e ho lavorato al mio in­ventario che sono riuscito a non incolpare più nessuno.

  • Liberarsi dalla follia

    … per ciò che riguarda l’alcol ci siamo veramente compor­tati da pazzi.

    ALCOLISTI ANONIMI, pag. 37

    L’alcolismo mi costringeva a bere, che lo volessi o no. Questa follia dominava la mia esistenza ed era l’essenza della mia malattia. Mi privava della libertà di scelta ri­guardo al bere, e quindi di ogni altra scelta. Quando be­vevo, non ero in grado di prendere una reale decisione in nessun settore della mia vita, e la mia vita era diventata incontrollabile. Chiedo a Dio di aiutarmi a capire e accet­tare tutto ciò che significa la malattia dell’alcolismo.

  • Il falso conforto dell’autocommiserazione

    L’autocommiserazione è uno dei difetti più deplorevoli e più estenuanti che conosciamo. E un ostacolo a ogni progresso spirituale e può privarci di ogni vera comunicazione con i nostri simili perché esige attenzione e simpatia a dismisura. E’ una piagnucolosa forma di martirio che ci fa stare sempre peggio.

    COME LA VEDE BILL, pag. 238

    Il falso conforto dell’autocommiserazione mi protegge solo momentaneamente dalla realtà e poi richiede che ne prenda dosi sempre maggiori, proprio come una droga. Se gli cedo potrebbe condurmi a ricadere nell’alcol. Che posso fare? Un antidoto sicuro è quello di rivolgere la mia attenzione un po’ per volta ad altri che sono vera­ mente meno fortunati di me, meglio se alcolisti. La mia esasperata sofferenza diminuirà in proporzione a quanto dimostrerò coi fatti di immedesimarmi in loro.

  • Il “nemico numero uno”

    Il risentimento è il “nemico numero uno “. Distrugge più al­colisti di ogni altro stato d’animo e da esso nascono molte forme di malattia spirituale. Siamo stati malati non solo nella mente e nel corpo, ma anche nello spirito.

    ALCOLISTI ANONIMI, pag. 63

    Quando nel mettere in pratica il Quarto Passo mi guardo dentro, mi è facile nascondere il male che ho fatto veden­dolo semplicemente come un metodo per “pareggiare i conti” con il male Che è stato fatto a me. Se continuo a ri­vivere le mie vecchie ferite provo risentimento, e il risen­timento impedisce alla luce del sole di entrarmi all’ani­ ma. Se continuo a rivivere le offese e gli odi, offenderò e odierò me stesso. Dopo anni di oscurità nel risentimento, ho trovato la luce. Devo lasciar perdere i risentimenti: non me li posso permettere.

  • La schiavitù dei risentimenti

    … questo fatto del risentimento è estremamente grave. È proprio in quel momento che ci tagliamo fuori dalla luce dello spirito.

    COME LA VEDE BILL, pag. 5

    Si è detto che la rabbia è un lusso che non poso permet­termi. Ciò implica forse che ignoro questa emozione umana? Penso proprio di no. Prima di conoscere il Pro­gramma di A.A. ero schiavo dei tipici comportamenti dell’alcolismo. Ero incatenato alla negatività, senza alcu­na speranza di liberarmene.

    I Passi mi hanno offerto un’alternativa. Il Quarto Pas­so è stato l’inizio della fine della mia schiavitù. Il sistema con cui sono “riuscito a fuggire” è cominciato con un in­ventario. Non dovevo aver paura, poiché i Passi prece­ denti mi assicuravano che non ero solo. Il mio Potere Su­periore mi ha condotto a questa porta e mi ha dato il do­ no della scelta. Oggi posso scegliere di aprire la porta verso la libertà e di gioire nella luce dei Passi, mentre es­si purificano il mio spirito.

  • Ira: un lusso

    Se si deve vivere bisogna liberarsi della collera. Non va be­ne per noi né l’impazienza né i magoni mentali e passiona­li. Chi è normale può permettersi questo lusso, ma per gli alcolisti questi stati d’animo sono veleno.

    ALCOLISTI ANONIMI, pag. 65

    “Un lusso”. Quante volte ho ricordato queste parole. Non è solo la rabbia che è meglio lasciare ai non alcolisti: ho fatto un elenco che comprende il risentimento giustifica­ bile, l’autocommiserazione, la tendenza a giudicare, il credersi sempre dalla parte della ragione, il falso orgoglio e la falsa umiltà. Ogni volta che leggo la lunga nota che ne risulta sono sempre sbalordito. I principi del Program­ma mi sono stati inculcati così bene che faccio sempre molta attenzione a tutti questi difetti che vi sono elencati. Ringrazio Dio di non potermeli permettere, oppure vi ri­cadrei di certo.

  • Amore opposto della paura

    Tutte queste debolezze generano la paura, che di per sé è una malattia dell’ anima.

    DODICI PASSI E DODICI TRADIZIONI, pag. 67

    “La paura ha bussato alla porta, ha risposto la fede: non c’era più nessuno”. Non so’ a chi dovrebbe essere attri­buita questa citazione, ma certo indica molto chiaramen­te che la paura è un’illusione. L’illusione me la creo da solo.

    Ho sperimentato la paura molto presto nella vita, e ho pensato erroneamente che il solo fatto che ne avessi fa­cesse di me un codardo. Non sapevo che una delle defini­zioni di “coraggio” è “essere disposti a fare la cosa giusta nonostante la paura”. Il coraggio, dunque, non è necessa­riamente assenza di paura.

    Nei periodi della vita in cui non ho avuto amore, ho di certo avuto più paura. Avere paura di Dio è avere paura della gioia. Guardandomi indietro mi accorgo che nei momenti in cui temevo maggiormente Dio non c’era al­cuna gioia nella mia vita. Appena ho imparato a non te­ mere più Dio, ho anche imparato a provare la gioia.

  • Onestà con se stessi

    La disposizione ad ingannare gli altri è quasi sempre radicata in quella di ingannare se stessi Quando siamo onesti con un’altra persona, abbiamo la conferma che siamo stati onesti con noi stessi e con Dio.

    COME LA VEDE BILL, pag. 17

    Quando bevevo, ingannavo me stesso sulla realtà, riscri­vendola come volevo che fosse. Ingannare gli altri è un difetto di carattere – anche se si tratta solo di forzare un po’ la realtà dei fatti o di abbellire le proprie intenzioni così che gli altri possano pensare bene di me. Il mio Po­tere Superiore può rimuovere questo mio difetto di carat­tere, ma prima devo aiutare me stesso a rendermi pronto a ricevere questo aiuto, smettendo di ingannare. Devo ri­cordarmi ogni giorno che ingannare me stesso su me stesso è come prepararmi al fallimento o alla delusione, nella vita e in Alcolisti Anonimi. Una relazione stretta e onesta con un Potere Superiore è l’unico solido fonda­ mento che porta all’onestà con se stessi e con gli altri.

  • Fratelli nei difetti

    Noi alcolisti recuperati non siamo tanto fratelli nelle virtù quanto lo siamo nei difetti e nei nostri sforzi comuni per superarli.

    COME LA VEDE BILL, pag. 167

    L’identificazione che un alcolista ha con un altro è miste­riosa, spirituale: quasi incomprensibile. Ma c’è. La “sento”. Oggi sento di poter aiutare delle persone e che loro possono aiutarmi.

    Per me “è una sensazione nuova ed eccitante aver cura degli altri; avere a cuore quello che sentono, sperano e per cui pregano; conoscere la loro tristezza, gioia, orrore, dolore, angoscia e voler condividere queste emozioni in modo che qualcuno possa trarne sollievo. Non ho mai sa­puto come farlo, neppure come provarci. Ne mi aveva mai neanche interessato. Alcolisti Anonimi, e Dio, mi in­ segnano a interessarmi agli altri.

  • Esame di coscienza

    … domandiamo a Dio dì guidare i nostri pensieri, suppli­candoLo dì allontanare da noi ogni autocommiserazione e comportamento che potrebbe essere disonesto o egoista.

    ALCOLISTI ANONIMI, pag. 85

    Quando espressa sinceramente, questa preghiera mi inse­gna a essere davvero altruista e umile: persino quando fa­cevo delle buone azioni, infatti, spesso ero soltanto alla ricerca di approvazione e gloria per me. Con l’analizzare le motivazioni di tutto ciò che faccio posso davvero ser­vire Dio e gli altri, aiutandoli a fare quello che vogliono fare. Nel momento in cui affido a Dio i miei pensieri, si eliminano molte inutili inquietudini e credo che Lui mi guidi lungo l’arco della giornata. Quando elimino ogni pensiero di autocommiserazione, disonestà ed egocentri­smo non appena entra nella mia mente, trovo la pace con Dio, con il prossimo e con me stesso.

  • COLTIVARE LA FEDE

    “Non credo che si possa fare bene qualcosa a questo mondo a meno che non ci si eserciti, e non credo che noi riusciremo a fare A.A. molto bene se non mettiamo in pratica i principi.. ‘.’Dovremmo esercitarci… acquistando lo spirito di servizio. Dovremmo tentare di avere un po ‘ di fede, cosa non facile, specie per le persone che, se­guendo gli standard della società di oggi, sono sempre state molto materialiste. Ma io penso che la fede si possa acquisire; si può acquisire lentamente, deve essere colti­vata. Per me non fu facile, e presumo che sia difficile per tutti…”.

    IL DOTT. BOB E I BUONI VECCHI COMPAGNI, pag. 311

    La paura è spesso la forza che mi impedisce di acquisire e coltivare il potere della fede. È la paura che ostacola ogni mia possibilità di apprezzare la bellezza, la tolleran­za, l’indulgenza, il servizio e la serenità.

  • NUOVO TERRENO… NUOVE RADICI

    Intuizioni istantanee possono condurre a un’esistenza per­vasa di serenità spirituale, e io ho un’eccellente ragione per saperlo. Le radici della realtà, prendendo il posto dei ce­spugli delle nostre nevrosi, resisteranno ai venti violenti delle forze che ci annienterebbero, o che noi stessi userem­mo per distruggerci.

    COME LA VEDE BILL, pag. 173

    Sono giunto in A. A. come una fragile pianticella, treman­te e quasi sradicata’. L’ho fatto per sopravvivere, ma è sta­to un inizio. Mi sono esteso, sviluppato, aggrovigliato, ma con l’aiuto degli altri, il mio spirito alla fine è sboc­ciato dalle radici. Ero libero. Mi sono messo in azione, mi sono tirato indietro, mi sono buttato ancora avanti, ho pregato, ho ripreso ad agire e ho ricominciato a capire da capo, e allora mi ha illuminato un lampo d’intuizione. Sopra, dalle mie radici, i rami dello spirito si sono allun­gati e hanno prodotto germogli forti e verdi, aiutandomi a crescere verso l’alto, su per i gradini che portano al cielo. Qui sulla terra Dio perpetua incondizionatamente il dono dell’amore più grande. La mia vita A.A. mi mette su un cammino del tutto diverso, le mie radici affondano in un terreno nuovo.

  • A.A. NON È UNA PANACEA

    Sarebbe un prodotto del falso orgoglio pretendere che A.A. sia una panacea, persino per l’alcolismo.

    COME LA VEDE BILL, pag. 285

    Nei miei primi anni di sobrietà ero pieno di orgoglio, e pensavo che A.A. fosse l’unica fonte di cura per una vita bella e felice. Era certamente l’ingrediente fondamentale per la mia sobrietà, e anche oggi, dopo più di dodici anni di Programma, mi impegno molto nelle riunioni di grup­po, nell’attività di sponsor e nel Servizio. Nei miei primi quattro anni di recupero ho ritenuto necessario cercare l’aiuto di professionisti, giacché la mia salute emotiva era estremamente precaria. C’è anche chi ha trovato la sobrietà e la felicità in altre organizzazioni. Alcolisti Anonimi mi ha insegnato che avevo una scelta: fare di tutto per migliorare la mia sobrietà. A.A. può anche non essere una panacea per tutti i mali, ma è il centro della mia vita da sobrio.

  • IMPARARE AD AMARE SE STESSI

    L’alcolismo era stato una faccenda solitaria, nonostante fossimo circondati da persone che ci amavano. … Stavamo ancora tentando di trovare la sicurezza emotiva cercando di dominare o di dipendere dagli altri…. abbiamo ancora inutilmente cercato di trovare sicurezza mediante qualche mal­sano tentativo di dominio o di dipendenza.

    COME LA VEDE BILL, pag. 252

    Quando ho fatto l’inventario personale ho capito d’avere relazioni malsane con la maggior parte della gente nella mia vita: gli amici e la famiglia, per esempio. Mi sentivo sempre isolato e solo. Bevevo per attenuare la sofferenza emotiva.

    È stato grazie alla sobrietà, a un buono sponsor e al lavoro sui Dodici Passi che sono riuscito ad accrescere la scarsa stima che avevo di me stesso. Per prima cosa i Do­ dici Passi mi hanno insegnato a diventare il migliore ami­ co di me stesso e poi, quando sono stato in grado di ama­ re me stesso, ho potuto aprirmi e amare anche gli altri.

  • ENTRARE IN UNA NUOVA DIMENSIONE

    Agli ultimi stadi del nostro alcolismo, si .è persa la volontà di resistere. Tuttavia, quando ammettiamo la sconfitta totale e diventiamo completamente pronti a provare i principi dì A.A., la nostra ossessione ci abbandona ed entriamo in una nuova dimensione: la libertà in Dio, come noi Lo concepia­mo.

    COME LA VEDE BILL, pag. 283

    Sono fortunato di essere tra coloro che nella vita hanno avuto questa grandiosa trasformazione. Quando ho var­cato la soglia di A.A., solo e disperato, ero così prostrato da essere disposto a credere a qualsiasi cosa sentissi. Una delle cose che ho afferrato è stata “questi potrebbero es­sere i tuoi ultimi odiosi postumi da sbornia, oppure puoi continuare a girarci ancora attorno”. L’uomo che me l’a­veva detto era ovviamente molto più fuori dai guai di me. Mi è piaciuta l’idea di ammettere la sconfitta, e da allora sono libero! Il cuore ha sentito ciò che la mente non avrebbe mai potuto: “Essere impotenti di fronte all’alcol non è un bell’affare”. Sono libero, e sono grato!

  • IL PUNTO NON È LA FELICITÀ

    Io non credo che il punto sia la felicità o l’infelicità. Come affrontiamo i problemi in cui ci imbattiamo? Come ne traiamo le migliori lezioni e comunichiamo agli altri ciò che ab­biamo imparato, quando accettano di impararlo?

    COME LA VEDE BILL, pag. 306

    Alla ricerca della felicità ho cambiato lavoro, mi sono sposato e ho divorziato, ho provato a spostarmi da un po­ sto all’altro, mi sono riempito di debiti: finanziari, emoti­vi e spirituali. In A.A. sto imparando a crescere. Invece di pretendere che siano le persone, i luoghi e le cose a darmi la felicità, posso chiedere a Dio di farmi accettare me stesso per come sono. Quando un problema mi opprime, i Dodici Passi di A.A. mi aiutano a crescere attraverso il dolore. La conoscenza che me ne viene può essere un do­ no per altri che soffrono dello stesso problema. Come di­ce Bill: “Quando sopravviene la sofferenza, dobbiamo essere disposti a trarne una lezione e ad aiutare gli altri a fare altrettanto. Quando arriva la felicità, la accettiamo come un dono e ne rendiamo grazie a Dio”. (Come la ve­de Bill, pag. 306)

  • SCOPERTE FELICI

    Ci rendiamo conto di sapere, ben poco. Dio ci farà scoprire sempre dell’altro, a voi e a noi. ChiedeteGli nella vostra meditazione mattutina che cosa voi potete fare ogni giorno per l’uomo che è ancora malato. Le risposte verranno, se l’ordine regna dentro di voi. Perché evidentemente non po­tete trasmettere qualche cosa che non avete ottenuto. Bada­ te che il vostro rapporto con Lui sia giusto e grandi eventi si produrranno per voi e per innumerevoli altri. Questo è il Grande Fatto della nostra esistenza.

    ALCOLISTI ANONIMI, pag. 163

    La sobrietà è un viaggio pieno di felici scoperte. Ogni giorno porta nuova esperienza, consapevolezza, maggio­ re speranza, fede più profonda e tolleranza più ampia. Devo conservare queste qualità o non avrò nulla da tra­ smettere.

    Per l’alcolista che si sta recuperando, sono eventi straordinari anche le comuni gioie quotidiane, trovate nella capacità di vivere un altro giorno nella grazia di Dio.

  • DUE “MAGNIFICI MODELLI”

    Tutto il progresso in A.A. può essere calcolato tenendo in considerazione soltanto due parole: umiltà e responsabilità. Il nostro intero sviluppo spirituale può essere misurato ac­curatamente attraverso il grado di adesione a questi magnifici modelli.

    COME LÀ VEDE BILL, pag. 271

    Riconoscere e rispettare i punti di vista, le doti e le prero­gative degli altri e accettare di essere in errore mi mostra la via dell’umiltà. Applicare i principi di A.A. in tutte le mie attività mi porta a essere responsabile. Rispettare queste indicazioni arricchisce il valore della Quarta Tra­ dizione – e di tutte le nostre altre Tradizioni. Alcolisti Anonimi ha originato una filosofia di vita piena di valide motivazioni, ricca di principi e di valori etici estrema­ mente importanti, una visione dell’esistenza che si può estendere oltre i confini del popolo degli alcolisti. Per ri­spettare queste indicazioni ho bisogno solo di pregare, e di prendermi cura dei miei amici come se ognuno di loro fosse un fratello.

  • L’AUTONOMIA DEL GRUPPO

    Alcuni potranno pensare che avevamo portato il principio dell’autonomia del gruppo ai suoi estremi. Per esempio, nella sua “forma lunga” originale, la Quarta Tradizione di­chiara: “Due o tre alcolisti che si riuniscono per ragioni di sobrietà, possono denominarsi un gruppo A.A. purché, co­me gruppo, non abbiano alcun’altra affiliazione”*… Que­sta sorta di ultra-libertà non è in ogni modo cosi rischiosa come sembra.

    A.A. DIVENTA ADULTA, pag. 135

    Da alcolista attivo, abusavo di ogni libertà che la vita mi offriva. Come poteva A.A. aspettarsi che io rispettassi l’ ultra-libertà concessa dalla Quarta Tradizione? L’impa­rare il rispetto è diventato un compito che dura tutta la vi­ta.

    A.A. mi ha fatto accettare in pieno la necessità della disciplina e che, se non la difendo dal profondo di me stesso, la pagherò cara. Questo vale anche per i gruppi. La Quarta Tradizione mi orienta verso una direzione spi­rituale, a dispetto delle mie inclinazioni da alcolista.

    *Si tratta qui di una svista di Bill: cita la Terza Tradizione, e fa in­ vece riferimento alla Quarta.

  • UN GRANDE PARADOSSO

    Tale retaggio di sofferenza e di recupero si trasmette facil­mente tra gli alcolisti, dall’uno all’altro. Questo è il dono che Dio ci ha fatto, e farlo avere ad altri come noi è l’unico scopo che oggi anima gli A.A. di tutto il mondo.

    DODICI PASSI E DODICI TRADIZIONI, pag. 218

    E. grande paradosso di À.A. è che so di non poter conser­vare il dono prezioso della sobrietà a meno di non rega­larlo a mia volta.

    Il mio scopo principale è rimanere sobrio. In A.A. non ho altra meta, e questo per me è tanto importante da esse­ re questione di vita o di morte. Se devio da questo propo­sito, sono sconfitto. A.A. non esiste solo per me, però: esiste per l’alcolista che ancora soffre. Innumerevoli al­ colisti si mantengono sobri condividendo la sobrietà con altri loro fratelli alcolisti. La via per il recupero consiste nel mostrare agli altri in A.A. che quando metto in comu­ne questo dono con loro, cresciamo insieme nella grazia del Potere Superiore, e rutti insieme siamo sulla strada di un felice destino.